Le relazioni affettive, anche se avvengono tra colleghi che condividono il posto di lavoro nella medesima azienda, rientrano nella sfera personale dei dipendenti. In quanto tali al datore di lavoro è vietato – come sancito dall’art. 8 dello statuto dei lavoratori – svolgere indagini o accertamenti in merito e a maggiore ragione interferirvi, ad esempio prevedendo dei divieti in questo ambito.
Allo stesso tempo, le regole aziendali oltre che i principi e i doveri lavorativi, così come il buon senso, impongono ai dipendenti, in particolar modo quelli che ricoprono posizioni apicali e di maggior rilievo, di evitare situazioni di conflitto di interesse (anche solo potenziale) così come condizionamenti nell’esercizio della propria funzione o ruolo che potrebbero danneggiare le aziende.
Talvolta, l’esistenza di un legame affettivo tra colleghi potrebbe determinare condizionamenti anche solo psicologici ovvero favoritismi nelle decisioni dei manager (ad esempio in sede di bonus) nei confronti dei soggetti con cui queste relazioni intercorrono.
Nel bilanciamento tra le ragioni delle aziende (evitare conflitti di interessi che possono originare) e quelle dei dipendenti interessati (riservatezza della sfera personale) si ritengono, come eccezione, validi i regolamenti/policy che chiedono ai dipendenti di dichiarare l’esistenza di relazioni affettivi con i colleghi; tendenzialmente dirette ai profili aziendali apicali.
Le conseguenze sul rapporto di lavoro
Le conseguenze sul rapporto di lavoro in caso di violazione di simili regole cambiano in relazione al ruolo ricoperto dal dipendente: una maggiore responsabilità corrisponde necessariamente una puntuale attenzione anche su questi temi. Ciò anche considerato che i dirigenti apicali hanno il potere di prendere decisioni – anche economicamente – più impattanti per l’azienda. E dunque eventuali iniziative in conflitto di interessi saranno potenzialmente più dannose per l’azienda.
In un precedente del tribunale di Roma del 2023 (sentenza del 14 marzo 2023, n. 2589) è stata ritenuta valida una policy aziendale che richiedeva ai manager di dichiarare le relazioni affettive con altri colleghi e che un dirigente aveva violato omettendo la segnalazione.
L’interessato era stato poi licenziato anche per la violazione del codice etico aziendale fermo restando che in quel caso concorrevano anche altre condotte disciplinarmente rilevanti nei confronti della stessa collega con cui aveva intrattenuto la relazione «nascosta» con pressioni ed altro ed il tribunale aveva considerato legittimo il licenziamento.
In generale la violazione del codice etico è tendenzialmente grave perché potrebbe celare una situazione di conflitto di interesse, allo stesso tempo occorre anche verificare l’esistenza di ulteriori circostanze in concreto che possono aver causato danni all’azienda.
*studio legale Daverio & Florio
|